Celebre aria tra le più apprezzate e conosciute del periodo barocco. Una melodia dolce e riconoscibile che trova il suo punto di forza nella semplicità, qui lasciata volutamente esprimere in tutta la sua leggerezza con un'interpretazione piuttosto fedele all’originale. Piccoli interventi armonici, l’aggiunta di qualche “tensione” e una libera improvvisazione sul tema, la avvicinano a sonorità più moderne e la rendono particolarmente godibile.
La musica di Bach non ha bisogno di presentazioni. Nel suo DNA vive un codice che la rende universale, moderna, aperta. In questa interpretazione del celebre preludio non si è andati a riprodurlo come regola vuole (non avrebbe avuto senso, visto le innumerevoli eccellenti esecuzioni già disponibili) bensì lo si è preso in prestito per una libera improvvisazione nella quale si sono mantenuti l’armonia di base (già potente di suo), l’enfatizzazione di note caratterizzanti, il movimento della melodia dettata dai “voicing” e della linea di basso. Un composizione caratterizzata da un certo dinamismo ritmico, qui messo ancor più in evidenza dalla scelta di scomporre la cellula originale che diventa spunto per il materiale improvvisativo, mostrando di fatto la versatilità di questa geniale partitura.
In origine un madrigale a 4 voci, nel processo di elaborazione lo si è adattato per solo pianoforte, eliminando il testo e aggiungendovi una breve introduzione. Il brano è stato quindi riarmonizzato avvicinandolo a sonorità più prettamente jazzistiche e contemporanee, con un'interpretazione in stile “rubato". La melodia si arricchisce di abbellimenti e note di "contorno" ed è a volte supportata da accordi in stile "jazz ballad", in una rivisitazione che rimanda alla grande lezione di Bill Evans.
"Music For a While" è un'aria per voce (di solito soprano o tenore), clavicembalo e viola da gamba. Basata su uno schema ripetuto, la melodia è sostenuta da una linea di basso ascendente alla quale, in questa rivisitazione, è bastato aggiungere un leggero tocco “swing” per fargli assumere le connotazioni di un vero e proprio “walking bass” (classica tecnica del contrabbasso jazz). Muovendosi su armonie già di per sé moderne, la melodia viene a tratti armonizzata per ”block chord”, che con l’aggiunta di leggere tensioni, un andamento tipicamente swing e l’assolo dai richiami be-bop, la avvicinano di fatto a sonorità più mainstream.
Celebre aria per soprano e basso continuo, dove note e parole convivono in simbiosi perfetta. In termini moderni la si potrebbe definire una “canzone” vera e propria, scritta nella classica forma A-A-B-A.
L’alternarsi degli accordi, ora maggiori, ora minori, genera una linea armonica rarefatta e sospesa, una rivisitazione pianistica che seppur liberata dal testo, mantiene quasi inalterato l’impianto originale. Il brano ha dalle connotazioni a tratti volutamente “pop”, così come fu probabilmente pensata all’epoca.
Il “Lamento di Didone” è senza dubbio una delle più belle ed emozionanti pagine della storia della musica, qui trattato con il tutto dovuto rispetto, che certe partiture ispirano.
Melodia e armonia sono state volutamente lasciate intatte nella loro piena liricità e potenza emotiva, cercando nella nuova versione pianistica la stessa forza dell’impianto originale. Il tessuto armonico rigoroso e ostinato impiantato nella tonalità minore, la melodia struggente e delicata, ben si prestano, senza particolari aggiunte o artifici, alla natura romantica del pianoforte che come fosse una voce ne riproduce l'animo e le inquietudini interiori.
Come nel brano precedente, l’approccio a questo preludio è consistito nello scavarne le potenzialità e riproporlo in una chiave di lettura differente. Il tessuto armonico è così ricco di risonanze, ritardi e accordi alterati che non necessita di particolari interventi; si è cercato piuttosto un lavoro di sottrazione che esaltasse l'architettura della composizione bachiana. Il ricco materiale a disposizione diventa linfa vitale per una esecuzione estemporanea in cui abbandonarsi al flusso naturale delle note; l’uso del pedale ne enfatizza le dissonanze e amplifica la suggestione, complice la tonalità minore che ne sottolinea l’ambientazione intima e notturna.
Come si evince dal titolo, la composizione originale è un’ammaliante ninna nanna tipica del XVII° secolo. L’elaborazione della partitura originale, scritta per soprano e basso continuo, ha riguardato l'aspetto interpretativo e di arrangiamento del brano, pur lasciando intatta la melodia e l’ostinato ritmico/armonico ora interamente affidati al pianoforte. La novità arriva dall’aggiunta della tromba di Giovanni Falzone che, dopo una breve incursione introduttiva, improvvisa liberamente tra gli "spazi" concessi dalla melodia. L’uso in questo caso di un linguaggio di “rottura” prettamente jazzistico, creano un contrasto timbrico di grande effetto, spiazzante e inusuale, dall’atmosfera decisamente mistica.
Guest: Giovanni Falzone, tromba
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